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Pedagogia

 Johann Heinrich Pestalozzi

 Nacque nel 1746 a Zurigo. Il padre era un medico chirurgo, la mamma proveniva da una famiglia di proprietari terrieri. Pestalozzi perse il padre quando era un bambino e venne educato, insieme ai fratelli, dalla madre e dalla domestica. Durante la sua infanzia si recava spesso a far visita al nonno paterno, pastore evangelico, e allo zio materno. Durante queste visite entrò in contatto con la parte più povera della società e ne restò molto impressionato.  Frequentò l’università presso il Collegium Carolinum di Zurigo seguendo i corsi di teologia e di diritto, ma interruppe gli studi prima di ottenere la laurea. In questi anni giovanili si avvicinò al pensiero del filosofo Jean-Jacques Rousseau e, influenzato dal professore Johann Jacob Bodmer, aderì al movimento patriottico “Società elvetica”. Nel 1769 sposò Anna Schultess. Con la moglie si trasferì nel comune di Birr, un villaggio nel distretto di Brugg, e nel 1770 nacque il loro figlio. La coppia aveva comprato un vasto terreno agricolo con l’intenzione di avviare un’azienda agricola. Essa fallì ben presto e i coniugi Pestalozzi decisero di realizzare sul fondo un istituto per accogliere e istruire i bambini più poveri. Alla proprietà venne dato il nome Neuhof (Nuova fattoria). 

Avviata questa attività, Pestalozzi era convinto di poter ottenere sufficienti proventi per mantenere la tenuta attraverso il lavoro realizzato in essa: la coltivazione dei campi e la tessitura del cotone, a cui si dedicavano i giovani che venivano istruiti da Pestalozzi stesso. Il lavoro era parte integrante del suo progetto educativo e, insieme al sapere leggere, scrivere e far di conto rientrava tra le competenze che Pestalozzi intendeva tramandare ai giovani allievi. 

Un’amministrazione tuttavia inesperta e approssimativa e l’assenza di aiuti fecero fallire questo progetto e nel 1779, per una decina di anni, Pestalozzi, dopo aver chiuso l’istituto, si dedicò alla ricerca teorica e alla scrittura. 

Pestalozzi, favorevole alle istanze portate avanti dalla Rivoluzione francese, si trasferì per un breve periodo in Francia, a Parigi. Tornato in Svizzera, si rese ben presto conto che, con la repressione dei moti popolari seguiti alla proclamazione della Repubblica elvetica, la questione dell’educazione e della cura degli orfani era divenuta di stringente attualità: Pestalozzi decise così di aprire a Stans nel 1798 un istituto per bambini rimasti orfani. Dopo poco, tuttavia, l’istituto venne chiuso e trasformato in ospedale militare. 

Lasciato il paese di Stans scrisse Lettera ad un amico sul proprio soggiorno a Stans e si trasferì come insegnante e poi come direttore nella scuola che aveva sede nel castello a Burgdorf, nei pressi di Berna, a partire dal 1799. In questo periodo, egli affiancò la sua attività di educatore a quella di autore. 

Nel 1805 Pestalozzi si trasferì in un’altra località per aprire un nuovo istituto. La sua scelta ricadde su Yverdon, una città nel Canton Vaud. Qui creò un istituto molto grande a cui potevano avere accesso studenti provenienti da famiglie borghesi poiché la retta era piuttosto elevata. L’Istituto garantiva l’istruzione a studenti di diverse fasce d’età, al suo interno era infatti possibile frequentare dalla scuola elementare alle superiori. L’istituto era frequentato da bambini e ragazzi provenienti da tutta Europa e questa istituzione ebbe grande fame e rese noti il nome di Pestalozzi e il suo metodo educativo. Tuttavia, a causa di dissidi interni, l’istituto venne chiuso nel 1825. 

L’ormai anziano Pestalozzi si trasferì presso il nipote a Neuhof. In questa ultima fase scrisse Il Canto del Cigno (1826) e Destini della mia vita (1826) in cui sintetizzò la sua vita da educatore e il suo punto di vista sulla pedagogia. Morì a Brugg nel 1827, nel Canton Argovia.   

Pensiero e metodo pedagogico

Al centro del pensiero e del metodo educativo di Pestalozzi vi è il tentativo di educare i poveri e i soggetti provenienti dai contesti più disagiati. Per Pestalozzi era fondamentale fornire gli strumenti perché i suoi allievi potessero emanciparsi da una condizione sociale subalterna. L’educazione e l’istruzione consentivano a questi giovani di prepararsi alla vita, di riscattarsi e attraverso il lavoro realizzarsi in una esistenza più dignitosa e soddisfacente. Per tutta la sua vita egli insegnò ed ebbe modo di teorizzare i principali aspetti del suo approccio educativo e pedagogico. In particolare, egli applicò a Stans il metodo del mutuo insegnamento. Essendosi trovato in questa scuola senza collaboratori e dovendosi occupare da solo di tutti i suoi allievi, egli realizzò un metodo basato sulla cooperazione tra i ragazzi. Per Pestalozzi il metodo del mutuo insegnamento non solo rispondeva a una esigenza pratica – il doversi fare aiutare dai ragazzi nell’organizzare la vita quotidiana scolastica – ma risultava efficace anche a livello pedagogico: gli allievi si aiutavano tra loro, uno insegnava all’altro e, attraverso la solidarietà e la cooperazione, tutti gli studenti riuscivano a progredire. Per Pestalozzi l’educazione è la via attraverso la quale l’uomo può sviluppare tutte le sue facoltà. Il processo educativo deve muovere dall’osservazione della natura umana e deve seguire il metodo naturale: il fanciullo deve essere guidato e orientato dal suo educatore nell’estrinsecare tutte le sue potenzialità e, in base al principio dell’unità armonica delle facoltà umane, svilupparle in modo armonico e graduale.  

L’intuizione e l’osservazione della natura sono il punto di partenza di ogni forma di conoscenza ed educazione. La formazione deve avvenire attraverso l’educazione della testa (capacità cognitive), del cuore, cioè del sentimento e delle capacità morali, e della mano, o capacità pratiche e artigianali, del fanciullo. L’educazione è infatti un pieno sviluppo delle capacità intellettuali, morali e pratiche dell’allievo. Influenzato dal filosofo Immanuel Kant, Pestalozzi riteneva infatti che l’educazione dovesse mirare allo sviluppo delle capacità intellettuali, pratiche e morali dell’individuo. L’obiettivo era infatti quello di permettere all’allievo di divenire un adulto in grado di individuare e seguire i propri imperativi morali e di realizzare un’esistenza in armonia con il mondo interiore e esteriore. L’educazione deve muovere dall’osservazione dei dati di realtà e consentire all’allievo di imparare a leggere il mondo attraverso la forma, il numero e il nome degli elementi che lo circondano e fanno parte del suo ambiente. Leggere, scrivere e contare sono i principali obiettivi dell’insegnamento, come dimostra l’importanza data al disegno, alla geometria, all’aritmetica, al canto e alla conoscenza e alla padronanza del linguaggio.   

Per Pestalozzi l’ambiente educativo ideale è quello domestico e famigliare. È il focolare domestico il luogo in cui può realizzarsi la più completa educazione del fanciullo da un punto di vista morale, religioso e intellettuale. La donna, madre e moglie, ha un ruolo essenziale in questo modo di intendere l’educazione e, guidata da quello che Pestalozzi ritiene sia un istinto, sa trasmettere fiducia, amore e protezione ed educare il bambino attraverso l’esempio. La scuola dovrebbe porsi in continuità con il modello educativo realizzato a casa e in famiglia. 

 

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