Comunicazione, media e comportamenti
I mezzi di comunicazione di massa (Blandino, 2000) costituiscono uno dei luoghi in cui si manifestano le aspettative e le fantasie dell’opinione pubblica sulla psicologia. Gli usi della psicologia che vengono fatti nei media sono tre:
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- un uso consolatorio, ovvero difensivo e razionalizzante, è un uso inutile, superficiale e generico che assomiglia più a consigli e parole di conforto o di buon senso che a una disciplina scientifica. L’uso consolatorio comporta la distribuzione di consigli di comportamento su qualsiasi argomento, gli inviti sulle cose da fare, l’elogio alla buona volontà, ma soprattutto il rafforzamento di razionalizzazioni difensive, il privilegiare di tecniche psicoterapeutiche adattive e un uso sfrenato di test (o sedicenti tali) su qualsiasi argomento. È un uso molto diffuso soprattutto nei periodici femminili di largo consumo.
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- un uso trasformativo, ovvero finalizzato al pensare e al sentire. È l’uso proficuo della psicologia come modulazione della sofferenza umana e dell’ansia, rappresenta un uso circoscritto e parziale che, mostrando i limiti della scienza e della sua impotenza, invece di negare le sofferenze e l’angoscia con generiche rassicurazioni o risoluzioni miracolose ne riconosce il significato e l’inevitabilità aiutando la persona a riflettere e pensare. Un uso interrogativo, piuttosto che responsivo, finalizzato ad aiutare, osservare, osservarsi meglio e ad acquisire una maggior consapevolezza della realtà mentale ed emotiva. Senza promesse di evitare il dolore, guida la persona a tollerare e gestire meglio la sofferenza.
Entrambi gli usi, illusorio e consolatorio tendono a proporre un modello di psicologia in
modo assoluto e incondizionato modelli teorici-epistemologici e
tecniche di intervento, presentandoli come se fossero gli unici,
ignorando e non riconoscendo (spesso intenzionalmente) la varietà di
modelli psicologici che tutti insieme costituiscono la psicologia. Questi modelli sono all’origine di una immagine di psicologia banale, che facilita gli attacchi da parte delle persone che sono pregiudizialmente mal disposte nei suoi confronti.
“L’uso della psicologia trasformativo allo scopo di aiutare a modulare la sofferenza sarebbe quello da privilegiare nei media.
Significa infatti avere attenzione e ascolto per gli altri, ma anche
promuovere la riflessione e la chiarezza, evitare le confusioni, e
cercare sempre di distinguere e differenziare a cominciare dai
sentimenti e dalle emozioni in funzione di dare loro un nome e un senso.
Significa non etichettare presuntuosamente né proporsi dall’alto come
colui che sa tutto , ma colui che accompagna in un processo di
conoscenza e in questo processo è coinvolto.” (Blandino 2000, 58). L’uso
della psicologia come strumento per pensare
tende a non subire degli abusi , ma a ricevere rifiuti , perché
faticoso e impegnativo, non promette facili soluzioni ma pone di fronte a
problemi e anche al fatto che in molti casi non sa né può offrire
risposte. L’unico rischio che può correre è quello di essere confinato
nelle pagine culturali dei giornali letti da pochi o nelle fasce orarie
di minimo ascolto delle radio e delle televisioni. Un’altra importante
caratteristica è che non assume un punto di vista come se fosse l’unico,
ma mette a confronto pareri diversi con la consapevolezza che in psicologia i modelli e le teorie sono molti.
La compresenza di un’aspettativa illusoria e consolatoria rispetto alla psicologia spiega
perché i media le dedicano così tanto spazio e perché le tematiche
psicologiche sono argomenti che suscitano molto interesse nel pubblico. A
causa di queste aspettative la psicologia è
percepita come una “parente” della medicina secondo un effetto alone, ma
questo genera una grande confusione nel pubblico, non si sa quanto la psicologia ha a che fare con la medicina e da essa dipenda, e quanto invece abbia una propria specificità e autonomia.
Queste aspettative (illusorie e consolatorie) derivano inoltre dal fatto che gli psicologi sono percepiti come possessori del segreto della felicità, che posseggano le conoscenze per eliminare l’ansia e la sofferenza.
Una conseguenza di queste false e distorte aspettative nei confronti della psicologia, porta
inoltre ad attacchi e resistenze che sfociano in squalifiche della
disciplina. Attacchi come mettere in dubbio le sue potenzialità e
l’utilità delle sue applicazioni. Sono soprattutto i professionisti
delle scienze esatte quali fisici, chimici e medici a percepire in modo
maggiormente negativo la psicologia, rispetto
ad altri professionisti e al pubblico. Spesso si critica la psicoanalisi
classica perché troppo lunga e costosa, comunque troppo vecchia. Questi
sono articoli che regolarmente compaiono su quotidiani, riviste e
programmi televisivi spesso sono strumentali per promuovere tecniche
psicoterapeutiche alternative più rapide, ma mostra anche una fantasia
che è ben presente nel pubblico e che i media riprendono e rilanciano:
fare in fretta.
Un problema che complica le cose e aumenta la confusione
nelpubblico è che le tematiche psicologiche riguardano la quotidianità
di tutte le persone e molti ritengono che rientrino nel senso comune e
quindi si considerano in diritto di poterne parlare ed emettere
valutazioni anche se sono incompetenti in materia. Così spesso anche
senza volerlo i media tendono a confondere le idee sulla psicologia. Errate presentazioni di psicologi,
questionari spacciati come accreditati e in grado di offrire il profilo
della personalità nei lettori, interpretazioni di sogni affrettate che
si confondono con la cabala e la tradizione popolare. C’è il giornalista
che chiede il “parere” allo psicologo su temi specifici, quello che lo intervista su temi di attualità generale e quello che scrive direttamente di psicologia. C’è lo psicologo semisconosciuto che ha una rubrica specifica e lo psicologo famoso che ha una rubrica in cui si occupa di vari soggetti. C’è la trattazione di una tematica non psicologica, svolta con rimandi alla psicologia,
e la trattazione di tematiche psicologiche svolte in modo non
psicologico o addirittura antipsicologico. C’è l’argomento trattato in
modo pluridisciplinare e c’è il parere sociologico o antropologico
presente come se fosse una risposta psicologica.
Sono tutti elementi che contribuiscono a diffondere una immagine errata o confusionaria della psicologia,
per cui è facile che gli utenti se ne costruiscano un immagine e delle
opinioni che non rispecchiano la sua vera natura e scientificità. Così
la televisione invece di promuovere un’educazione alla scienza, una
divulgazione scientifica, privilegia la spettacolarizzazione della
stessa. Lo scopo non è quello di trasmettere un’informazione scientifica
obiettiva con l’obiettivo di istruire gli utenti, ma quello di
evidenziare gli aspetti sensazionali, curiosi e scandalistici degli
eventi. La scienza in tv diventa spettacolo e di conseguenza anche la psicologia lo diventa.
In generale ciò che viene comunicato nei mass media e definito come psicologia in realtà non è psicologia, è prevalentemente una psicologia del senso comune come insieme di abitudini, pregiudizi, opinioni, credenze, miti e leggende.
I mass media trasmettono un modello implicito di psicologia che non corrisponde allo statuto scientifico della disciplina: la psicologia viene
presentata come una scienza unitaria, come se fosse una ed una sola e
non ci fossero invece molti orientamenti, scuole, teorie, spesso in
conflitto tra loro e talvolta anche opposti. Al pubblico non viene mai
ricordato che le psicologie sono tante come tanti sono i metodi e le
tecniche di intervento e sarebbe perciò opportuno parlare di psicologie e
definire sempre in modo preliminare il modello teorico di riferimento.
La mancanza di distinzioni e differenziazioni genera un’immagine della psicologia confusa. La figura dello psicologo può
essere diversissima a seconda del campo in cui opera e soprattutto
dall’orientamento teorico e metodologico che utilizza. All’interno della
disciplina ci sono molteplici e diversi punti di vista, per cui parlare
di psicologia e psicologo in generale non è opportuno, ma sarebbe più adeguato parlare di quale psicologia si parla e con quale psicologo si interagisce.
Inoltrei mass media trasmettono un immagine riduttiva della psicologia, come se l’unica psicologia fosse
quella clinica, come se non esistessero altri campi e altri metodi.
L’atteggiamento riduttivo si manifesta all’interno della stessa psicologia clinica concepita solo come psicoterapia, in realtà la psicologia clinica non
è solo psicoterapia e la psicoterapia rappresenta un metodo di lavoro
non univoco. L’ottica riduttiva dei mass media, sconfina nella
confusione e nel generico. Un’ulteriore atteggiamento riduttivo è la
concezione di psicoterapia come solo psicoanalitica, ma anche in ambito
psicoterapeutico esistono tante teorie.
Il pubblico, i mezzi di comunicazione e anche a volte gli stessi psicologi alimentano questa fantasia e presentano lo psicologo
come se fosse un clinico psicoterapeuta e psicoanalista. Questo
atteggiamento riduttivo porta ad un’immagine parziale e falsa della psicologia, per cui lo psicologo è colui che interpreta i sogni e nell’immagine collettiva viene rappresentato accanto al lettino d’analisi.
In generale nel modo in cui la psicologia viene
rappresentata dai media, ad eccezione di alcune pagine letterarie e
culturali, prevale un approccio classificatorio che cataloga la psicologia e gli psicologi sotto
un etichetta. Gli studi sul pregiudizio di Allport mostrano che la
tendenza a categorizzare ed etichettare portano a enfatizzare una
caratteristica specifica della persona a spesa delle altre
caratteristiche. Ma l’etichettatura comporta una reazione ad essa
conforme, perciò continuare ad etichettare certi comportamenti o certi
ruoli induce una reazione comportamentale pubblica allineata a queste
caratteristiche e cioè incrementa i pregiudizi.
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